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(Tributo a D. Pennac)



mercoledì 12 novembre 2008

Yes, I'm a Macuser!


Il 4 novembre è stata una bella giornata.
Una grande giornata.
E’ arrivato il mio nuovo portatile. 
Ah...Barack Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America.

Ma andiamo con ordine.

Punto1) E' arrivato il mio nuovo portatile!

I 13 pollici più belli e utili che io abbia mai visto. Mi sono intestardita, da qui a breve Leopard (il sistema operativo Mac) non dovrà più avere segreti per me. 
E Leopard è davvero fantastico.
Trascurando anche il mitico dashboard (Windows l'ha inserito solo nella versione Vista, prima non sapeva nemmeno cos'era il dashboard), Leopard sembra che mi capisca, sembra che sappia esattamente chi ha davanti: una donna che perde qualunque tipo di file, il cui desktop assomiglia tanto all'interno della sua shopping bag 50x70 cm, che perde il file che ha appena scaricato perchè, appena finito il download, si chiede: "Ma dove l'avrò messo?" e Leopard cosa fa? Te lo tira fuori appena devi allegare qualcosa.
Questa è sicuramente una svolta per me insieme alla ricerca istantanea dei suddetti file dispersi tra le cartelle: cominci a digitare l'inizio del nome del file e...Ta dah! Esce fuori!

Ma per i dettagli tecnici, io rimanderei al blog dell’ingegnere informatico che mi scorazza per casa in ciabatte (www.eugenioleo.it).
Per le minchiatine, continuate a leggere qui.
Il mio nuovo Apple Macbook è leggerissimo (pesa un chilo e mezzo, il mio precedente cinque e otto); è tutto metallo, grigio chiaro con il tastierino nero; ha il monitor sottilissimo, lucido, luminoso incorniciato di nero; è stato costruito in blocco (mi sa che si chiama brick o come lo chiama Apple, unibody), non ha “cuciture”, tagli o lacci; il trackpad non ha click, è tutto intero ed è multitouch: con un dito confermi, con due scorri, con tre back e forward, con quattro sfogli le applicazioni aperte; inoltre è possibile fare zoom in e zoom out con il trackpad…Come l’iPhone!
Vabbè, in parole povere è fighissimo!
Un paio di centinaia di Euro in più ma il nuovo Macbook è tutta un’altra storia..E poi ci fa fare un figurone in treno, in aereo o in pullmann!
Mai vestirsi di giallo, di arancione o di rosa…Non si intonano per niente con i colori del nuovo Apple Macbook!
Niente fronzoli, simbolini sulle lettere della tastiera o adesivi.
Indicatissimo per chi ama la linearità, la stilizzazione, l’essenzialità, la sobrietà.

Punto2) Obama: yes, he can

“Giovane, bello e abbronzato”.
Le parole del nostro presidente del Consiglio, colui che rappresenta la nostra gloriosa nazione in Italia e all’estero, colui che dovrebbe governare sia come volpe che lione dipingono così il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America.
Barack Obama è stato eletto lo scorso 4 novembre per governare gli Stati Uniti, per riformare l’assistenza sanitaria, per chiudere il rovinoso e inglorioso capitolo della guerra in Iraq, per riprendere le leggi sulle cellule staminali, per far capire al mondo intero che le “minoranze” possono diventare "maggioranze" se vengono sottovalutate, ignorate, soggiogate, prese in giro e trascurate.
In un post di un anno fa ormai vi raccontavo di come ero diventata supporter di Obama, dalle spillette al magnete da frigo.
Adesso vi racconto quante lacrime ho versato il 4 mattina alle 6 e mezza circa.
Di come mi sono commossa ascoltando il suo discorso di ringraziamento, pensando a come davvero questa volta qualcosa è cambiato.
In una puntata di Willy il principe di Bel Air lo zio Phil diceva a Carlton che sarebbe potuto diventare il primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti.
Beh, non è stato Carlton ma un kenyano, trapiantato alle Hawaii approdato ora alla Casa Bianca.
Sebbene la Fox ed Emilio Fede abbiano dato sempre McCain per vincente (forse lo fanno ancora), Obama è riuscito comunque ad interpretare la voglia di cambiamento che si rende sempre più urgente, è riuscito a penetrare il nostro muro di sfiducia, dei “tanto sono tutti uguali”, dei “tanto non cambierà mai niente”.
No, Obama, stavolta può veramente cambiare. 
Qualcosa è già cambiato: gli Stati Uniti, non dimentichiamo, è stato il paese dove i “neri” dovevano sedersi in fondo agli autobus negli anni ’50 e ancor prima erano stati deportati dall’Africa e ridotti in schiavitù. Il cambiamento dicevamo, negli Stati Uniti ancor più: dove le minoranze sono miriadi, dove il meltin’pot non è ipotizzabile ma reale, da China Town al New Mexico, dagli afro-americani ai “nativi”, da Bruce Lee ai ristoranti italiani.
Obama non ci deluderà.
E se lo farà, ci siamo abituati!


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